Alcuni di voi conoscono questo quadro per averlo visto decine di volte (nel corso di un anno) riprodotto a vari step di lavorazione in pessime foto da due megapixel sul display del mio cellulare e magari avrete annuito condiscendenti nel sentirmi dire cose del tipo "sì, ma non è ancora finito, eh!". Sarete lieti, adesso, di udire le parole che io per primo non vedevo l'ora di sentirmi esclamare: l'ho finito!
![]() |
Olio su tela - 70 x 50 cm |
Ci sono stati momenti in cui ho creduto che questo quadro non lo avrei terminato mai più; semmai il contrario, il dipinto mi sarebbe sopravvissuto. Chi si fosse incaricato del mio lascito lo avrebbe contemplato con un sorriso diagonale, speculando sulle ragioni per le quali mi sarei consumato fino all’ultimo respiro per realizzare quello che è, in tutta evidenza, un ritratto della mia ex. Quando poi avessero trovato, tra le altre tele non finite, una seconda versione ugualmente incompiuta del medesimo soggetto la trama si sarebbe infittita vieppiù. Da tutto questo un giorno sarebbe nata certamente una leggenda. Cantami, o Diva del mentecatto che perì col pennello in mano eccetera. Uno spasso.
E invece a costo di deludervi dirò che questo quadro ha sì
una storia, ma che questa storia non ha niente di romanzesco e che la somiglianza
con la suddetta ex è in buona parte fortuita, diciamo così. Contavo sul fatto
che, in passato, un ritratto realmente somigliante
non mi fosse mai riuscito, né della ex né di chiunque altro. E poi, benché avessi iniziato a cimentarmi nella pittura
solo da pochi mesi, ne avevo abbastanza di adoperare foto altrui senza peraltro
sapere se quella mia operazione violasse eventualmente il diritto d’autore eccetera.
Decisi di adoperare qualcosa di mio e – sorpresa! – non è
che avessi molta scelta. Possedevo alcuni scatti, ma il
soggetto era una persona che, a detta di molti, tutto avrebbe meritato meno che
di essere immortalata in un mio dipinto. Il quale dipinto avrebbe certamente
richiesto mesi e mesi e con tanto di supporto fotografico! Davvero volevo
passare tutto quel tempo a studiare le ciglia della mia ex, per non parlare di
tutto il resto?
Sapevo bene che mi sarei tirato addosso le occhiate
compassionevoli dei miei amici più affettuosi; i quali avrebbero preferito
vedermi già da tempo sistemato con una brava ragazza, se non altro perché in
quel modo – pensavano – avrei smesso di molestare le loro mogli.
A farla breve iniziai, in fondo il mio era solo un
tentativo. Al massimo avrei cambiato un poco il profilo, qualcosa del genere. Iniziai
in un bel sabato mattina di settembre (dell’anno 2011, tenete presente) e
alternando questo dipinto con altri due andai avanti fino a maggio scorso. A fine maggio, lo dico senza vergogna, feci uno o due passi falsi, uno o
due tentativi azzardati di troppo e di lì a poco la tela fu praticamente rovinata. Vi prego di notare l’enfasi
nell’uso del corsivo: rovinata.
Intendo che era proprio da buttare. Quando me ne resi conto
ristetti incredulo per un intero pomeriggio, provando a rimediare con la
disinvoltura di chi non ha più niente da perdere.
Se c’è una cosa alla quale la pittura ad olio mi sta
abituando è il fatto di non poter contare sul ctrl-z. Alla fine mi incazzai,
naturalmente. Imprecai, e di brutto. Mi lagnai al telefono con mio padre il
quale mi suggerì di dimenticarmi di
quel quadro, di passare ad altro eccetera. Considerato il fatto che egli non
aveva mai perdonato la mia ex mi domandai se non stesse per caso cercando di
dirmi qualcosa tra le righe, ma in nove mesi (durante i quali gli avevo più
volte spedito alcune foto del quadro in progress) non aveva mai sottolineato la
somiglianza. Discrezione? Sbadataggine? Vai a capire.
Alla fine andai a comprare una nuova tela e ricominciai
daccapo. Mi sentii subito meglio. Cioè, mi sentivo anche un po’ coglione, ma soprattutto mi sentivo meglio. Del resto c’erano
un sacco di persone che avevano visto l’inizio di quel quadro, mi ero vantato, capite, cosa avrei raccontato a
costoro se mi avessero chiesto notizie? Alcuni mi avevano pure detto qualcosa
del tipo “belle tette!”, soprattutto questi ultimi mi sarebbe dispiaciuto
deludere.
Non potevo annullare il disastro, ma potevo almeno ricreare
tutto quello che avevo messo insieme fino ad un attimo prima del disastro. Un
ctrl-z al contrario, chiamatelo come volete voi.
Ne approfittai per fare alcune modifiche compositive. L’originale
aveva come sfondo una parete di roccia e nella parte bassa si vedeva dell’acqua,
in questa nuova versione decisi di semplificarmi la vita con qualcosa di più
etereo e aperto. Tenni invece l’impronta dell’abbronzatura sul petto (che alla maggioranza delle ragazze intervistate e ad almeno
un gay proprio non piaceva) perché trovavo rendesse il soggetto più vivo e il chiaroscuro più interessante.
E poi l’impronta è sexy, dai, lo sanno tutti.
Quanto alla tecnica non avevo dubbi: avevo steso sulla tela un levigato strato di gesso acrilico, per cui mi divertii a sfumare e sfumare i colori ad olio con tutta una collezione di pennelli soffici, la stessa tecnica che avevo adoperato - provandoci un certo gusto - anche qui.
Quanto alla tecnica non avevo dubbi: avevo steso sulla tela un levigato strato di gesso acrilico, per cui mi divertii a sfumare e sfumare i colori ad olio con tutta una collezione di pennelli soffici, la stessa tecnica che avevo adoperato - provandoci un certo gusto - anche qui.
In capo ad un mesetto (sempre alternando con altre tele) riuscii
a recuperare i nove mesi perduti. Ce ne sarebbero voluti altri tre prima di
terminare del tutto, considerando la pausa di agosto. Quattro mesi di lavoro,
durante i quali a parte guadagnarmi da vivere ho fatto anche altro; comunque, a dirla tutta, qualche altro ritocchino io lo farei.
Sommando i tempi si scopre che ho trascorso in compagnia
della effige della mia ex ben più di un anno; non stupisce che a partire da oggi, e per un bel pezzo, vorrò dedicarmi solo alla pittura di nature morte o altri soggetti inanimati.
Sull'argomento il mio psichiatra è irremovibile.
Sull'argomento il mio psichiatra è irremovibile.
Nessun commento:
Posta un commento